La sicurezza stradale è un tema complesso che coinvolge molteplici attori. Pedoni, ciclisti, motociclisti e automobilisti, sono infatti chiamati a coabitare in uno stesso luogo fisico, rispettando delle regole che garantiscono la sicurezza di tutti.
La strada è infatti un luogo pubblico, destinato alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali, non appartiene a nessuno, o meglio, appartiene a tutti, ed è perciò fondamentale non rovinarla, non sporcarla e soprattutto, cominciare ad usarla responsabilmente in un’ottica di condivisione con i numerosi attori interessati.
Facciamo qualche esempio. Non si può parcheggiare sulle strisce pedonali e davanti ai dislivelli dei marciapiedi previsti per il transito di carrozzine e passeggini. Perché? Il legislatore ha pensato di complicare la vita a quei poveri automobilisti che cercano per ore e ore parcheggio, soprattutto nelle grandi e trafficate città? No!
Se un pedone deve attraversare la strada e trova le naturali vie di accesso predisposte per sé e per gli altri pedoni ostruite, dovrà fare in qualche modo e, ad esempio, attraverserà la strada fuori dalle strisce. L’automobilista prudente si accorgerà del suo passaggio e probabilmente non accadrà nulla di male, ma l’automobilista imprudente, magari distratto dal cellulare o da altro, potrebbe non fare in tempo a frenare, oppure potrebbe causare un incidente con altre vetture a causa del suo tentativo brusco di frenata. Se un pedone attraversa su delle strisce parzialmente occupate da un veicolo, le altre macchine avranno una visuale ridotta di ciò che succede e potrebbero non vederlo mentre inizia l’attraversamento, con conseguenze poco felici.
Senza voler essere tragici, pensiamo a quante persone conosciamo che con bambini piccoli nei passeggini o che, a causa di disabilità di varia natura, sono costrette a muoversi con le carrozzine.
Chi siamo noi per decidere che tali utenti non hanno il nostro stesso diritto di circolare liberamente per la strada? Neanche un folle potrebbe mai sostenere una teoria del genere, eppure, ogni volta che parcheggiamo alla “selvaggia” decidiamo che le difficoltà che causiamo a tutte quelle persone non sono problemi nostri. Ed è qui l’errore, perché in definitiva gli altri siamo anche noi! Dunque, è giusto imparare cosa prescrive il Codice della Strada, e in questo caso dove non è possibile parcheggiare e in quali sanzioni incorriamo violando tali norme, ma ciò che è ancora più giusto è capire che ciò che deve animare i nostri pensieri e spingere i nostri comportamenti, non è tanto la possibilità di evitare multe salate, quanto la possibilità di prevenire inutili incidenti o disagi agli altri, e dunque a noi stessi.
Stessa cosa vale per il parcheggio in curva e per la sosta in doppia fila che, oltre ad ostruire la visuale, rendono difficoltoso o talora impossibile il passaggio di autobus, il che incrementa a sua volta il traffico, il nervosismo degli automobilisti e di tutti coloro i quali si servono dei mezzi pubblici, ma cosa ancora più grave, ostruiscono il passaggio dei mezzi di soccorso. Quante volte abbiamo sentito dire “Se l’ambulanza fosse arrivata prima ce l’avrebbe fatta!” o “Se l’ambulanza fosse arrivata poco dopo non ce l’avrebbe fatta!”. Nessuno di noi dovrebbe mai avere una tale responsabilità sulle spalle!
Già da questi primi esempi il collegamento tra educazione stradale, conoscenza e rispetto delle norme, e cittadinanza, dovrebbe essere più agevole, ma forse vi starete ancora domandando cosa c’entra l’ambiente in tutto questo. Ebbene, l’ambiente è un bene di tutti, e pertanto va protetto e salvaguardato.
Facciamo anche qui qualche esempio. Non è consentito gettare rifiuti, cartacce o mozziconi di sigarette dalle autovetture o dai motocicli. Perché? Il legislatore si diverte a porre assurdi divieti, così ha la scusa per prevedere ulteriori sanzioni? Anche questa volta la risposta è no!
La prima spiegazione che ci viene in mente è senz’altro la sicurezza. Pensate di procedere serenamente e prudentemente con il vostro motociclo, quando all’improvviso vedete qualcosa che vi vola addosso o nelle vicinanze, nel migliore dei casi potreste distrarvi riuscendo tuttavia a mantenere l’equilibrio, ma nel peggiore dei casi potreste cadere a causa di un’inutile gesto, fatto senza pensare alle sue conseguenze.
I mozziconi di sigaretta sono tra l’altro spesso responsabili di incendi, soprattutto nei periodi e nei luoghi più caldi; basta poco infatti, perché un piccolo fuocherello divampi velocemente tra il verde circostante. Oltre ai danni economici e ai rischi in termini di sicurezza, contribuire alla distruzione del verde del nostro pianeta è un lusso che nessuno di noi può permettersi.
Anche in questo caso, senza voler essere eccessivamente drammatici, pensiamo semplicemente al degrado e alla sporcizia in cui ci imbattiamo ogni giorno per le strade, o passeggiando tra i boschi, lungo i fiumi e i laghi del nostro splendido Paese. A nessuno piace vedere lunghi tappeti di sigarette distesi in ogni dove, e bottiglie, buste e quant’altro, galleggiare nelle acque dei nostri paesi e città. Il ragionamento più comune a tal proposito, è che se lo fanno tutti lo faccio anch’io, ma è qui l’errore, perché sono proprio i piccoli cambiamenti nelle abitudini di vita dei singoli che moltiplicate per milioni e miliardi di persone sparse per il mondo, possono fare realmente la differenza.
Rispettare l’ambiente non vuol dire solo non sporcarlo o non danneggiarlo coscientemente per evitare conseguenze immediate, come in questo esempio, ma vuol dire essere parte attiva nella sua salvaguardia, tanto per se stessi quanto per le generazioni future. Il traffico, di cui siamo tutti noi testimoni, causa inquinamento acustico ed atmosferico, con conseguenze negative per la vivibilità del territorio e per l’ambiente, nel senso più ampio del termine.
Un possibile contributo che ognuno di noi può dare per la causa, è quello di ragionare in termini di mobilità sostenibile, ossia quella modalità di spostamento (principalmente di tipo urbano) che consente di diminuire gli impatti ambientali causati dai veicoli privati: inquinamento atmosferico ed acustico, congestione del traffico, incidenti, degrado urbano e consumo del territorio. Esiste infatti una mobilità alternativa, che riguarda gli spostamenti a piedi, in bicicletta, con i mezzi pubblici o con i mezzi di trasporto privati. Due esempi interessanti a tal proposito sono il car-pooling e il car-sharing.
Il primo, consiste nella condivisione di un auto da parte di un gruppo di persone che si recano nello stesso posto agli stessi orari, condividendo le spese e alternandosi alla guida; il secondo, consiste nella condivisione di un’autovettura, pagata in base al suo utilizzo, ritirata e riconsegnata in appositi parcheggi. In altre parole, con il car-pooling 4-5 persone che vanno a scuola, all’università o a lavoro, possono usare la stessa auto invece che 4-5 auto differenti, riducendo così il traffico e lo stress causato dalla ricerca del parcheggio, tagliando inoltre considerevolmente i costi della benzina e dell’usura delle rispettive vetture; con il car-sharing invece, l’auto non è più un bene di consumo, ma un bene di servizio che garantisce comunque flessibilità negli spostamenti.
Per tragitti che prevedono un numero di chilometri inferiore, sta invece prendendo piede in molte città il bike-sharing che, così come il car-sharing, consiste nel muoversi con una bicicletta che si trova in appositi parcheggi e che pur non essendo di proprietà, assolve perfettamente alla sua funzione di mezzo di trasporto.
La mobilità alternativa, soprattutto se intesa come incremento degli spostamenti a piedi o in bicicletta, fa bene all’ambiente ma anche a noi stessi, perché ci permette di fare un po’ di attività fisica in più e di rendere le nostre città meno congestionate e più vivibili.
Dunque, muoviamoci in sicurezza, nel rispetto dell’ambiente, di noi stessi e degli altri!